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Uilca sul gender pay gap: in Italia il settore finanziario al 24%, cinque volte la media nazionale

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Uilca sul gender pay gap: in Italia il settore finanziario al 24%, cinque volte la media nazionale

Furlan: le banche raggiungano gli obiettivi dichiarati. Servono più giovani

Livello retributivo inferiore a parità di inquadramento: in Italia nel settore bancario il gender pay gap registra uno scarto del 23,7%, quasi cinque volte superiore la media nazionale del 4,7%. I dati Eurostat del 2021 fotografano un’Europa in cui il gender pay gap nel settore finanziario, infatti, è ancora elevato: 31% in Francia; 23,3% in Germania; 13,8% in Spagna (Fig. 10).

Un divario che, osservando i dati, si manifesta maggiormente per dirigenti e quadri direttivi, con un gap salariale medio compreso tra il 10% e il 30% (Figg. 1, 1.a e 1.b). Questi i dati di una ricerca del Centro Studi Uilca Orietta Guerra, condotta esaminando le Dichiarazioni consolidate non finanziarie del 2022 dei principali istituti di credito italiani[1]. Inoltre, nel 2022 la presenza femminile nei ruoli dirigenziali e direttivi del settore è molto inferiore rispetto a quella maschile: 79,4% degli uomini contro il 20,6% delle donne.

Anche per la figura dei quadri direttivi le percentuali non cambiano di molto: 64,4% degli uomini contro il 35,6% delle donne (Fig. 5.b). La minore retribuzione delle donne, anche se spesso legata alla tipologia del contratto, impatta sia sulle possibilità di spesa attuali sia sulla maturazione di una pensione dignitosa e di un patrimonio che possa garantire un futuro sereno. Lo studio Uilca si focalizza sul contratto di lavoro part-time, che è utilizzato dal 12,3% del totale del personale, composto per l’1,1% da uomini e per l’11,2% (pari al 91,1%) da donne (Fig. 2) e che limita molto la crescita professionale e finanziaria. Oggi il settore bancario, che costituisce un campione rappresentativo della popolazione italiana[2], ha una composizione dei dipendenti per genere ben bilanciata con il 51,2% di donne e il 48,8% di uomini. A fare ricorso al part-time è il 21,8% delle donne e solo il 2,2% degli uomini (Figg. 3 e 4). Il più delle volte la decisione è motivata da esigenze familiari, quali la cura dei figli o degli anziani.

Poche volte si tratta di una libera scelta. Con previsioni demografiche che prefigurano un aumento dell’età media della popolazione, una conseguente necessità di maggiori spese sanitarie e previdenziali e una riduzione di pensioni e servizi pubblici, a pagarne il prezzo più alto rischiano di essere le donne. Diventa importante, allora, creare le condizioni per una loro più ampia partecipazione al mercato del lavoro, che permetterebbe anche una maggiore crescita del Pil e della ricchezza del Paese. In questo contesto, è necessario prima di tutto promuovere un cambiamento culturale per consentire alle donne di affrancarsi da ruoli di sussidiarietà imposti da una società purtroppo ancora troppo poco attenta alle loro esigenze e capacità.

“È positivo che nei piani industriali delle banche si parli di riduzione del gap salariale e di valorizzazione del personale femminile, ma a questi intenti serve seguano risultati concreti. Nella piattaforma di rinnovo del Contratto Nazionale del credito, che stiamo discutendo con Abi, ci sono specifici richiami in tal senso”, commentail segretario generale Uilca Fulvio Furlan. “Per i prossimi anni ci auguriamo una maggiore giustizia salariale tra uomini e donne, che passa anche attraverso una lungimirante politica di assunzioni. Oltre al genere deve essere rispettato il merito, fondamentale per far ripartire quell’ascensore sociale che non solo ha limitato la realizzazione personale e professionale delle donne, ma spesso blocca il sistema sociale ed economico del Paese”.

Nel complesso nel 2022 sono stati assunti più uomini che donne (Fig. 5)”, spiega Roberto Telatin, responsabile del Centro Studi Uilca. “I numeri dei rapporti cessati, su cui incidono molto le dimissioni per accedere al fondo di solidarietà, evidenziano una maggiore presenza di uomini, dovuta anche a un settore storicamente più maschile”. In un’epoca di trasformazioni radicali, l’organizzazione del lavoro può e deve considerare il benessere lavorativo centrale: “Dobbiamo rendere attraente il settore bancario anche per le nuove generazioni. Siamo preoccupati di quanto siano pochi i giovani: oggi solo il 6,1% del personale bancario ha meno di 30 anni” (Fig. 6), allerta Furlan. “Il saldo tra assunti e cessati under 30, seppure positivo, evidenzia come circa metà del personale di questa fascia d’età lasci il lavoro in banca”(Fig. 7).

Nel testo in allegato le tabelle


[1] Bper, Banco Bpm, Monte dei Paschi di Siena, Crédit Agricole Italia, Volksbank, Credem, Sparkasse, Banca Popolare di Sondrio, Banco Desio, Gruppo Bnl Italia, Iccrea, Cassa Centrale Banche, Intesa Sanpaolo, Unicredit

[2] Dati Istat, Italiainfografica – Scheda “Popolazione e famiglie”

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