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I fondi sanitari e lo stress-test Covid

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I fondi sanitari e lo stress-test Covid

In un contesto di grande dinamismo dei bisogni sanitari, i fondi sanitari sono stati chiamati a gestire rischi nuovi e complessi, tra cui la gestione della crisi pandemica e dei suoi effetti. La risposta del sistema è stata immediata, i bisogni coperti ampi e gli interventi posti in essere si sono caratterizzati sia per efficacia che per innovatività. Nel caso della sanità integrativa, infatti, la crisi ha rappresentato un’occasione di razionalizzazione e assestamento di un sistema ancora poco regolato e poco conosciuto dagli stessi beneficiari.

Dopo una prima fase di interiorizzazione del fenomeno e valutazione del supporto che il sistema era in grado di offrire, anche in considerazione degli interventi messi in atto dal Ssn del quale risultano per definizioni integrativi, i Fondi sanitari hanno reagito in maniera efficace e strutturata ai bisogni nascenti derivanti dal diffondersi del Sars-CoV2.

Alla seppur efficace gestione emergenziale, tutt’oggi perdurante, dovrà seguire una riflessione più ampia su, come quanto accaduto, possa impattare sulla gestione di rischi già esistenti ma palesati con forza dalla pandemia in atto.

Nelle prime fasi della diffusione del virus, caratterizzate da un profondo disorientamento dovuto alla mancanza di informazioni sulla natura dello stesso e sulle misure che sarebbero state messe in atto dal SSN, i Fondi sanitari hanno concentrato l’attenzione sull’urgente attività di ampliamento dell’operatività delle coperture in presenza di eventi pandemici; fino ad oggi infatti la pandemia aveva rappresentato, in particolare per il settore assicurativo, una delle clausole più diffuse di esclusione dalla copertura. Contestualmente si è rivelato necessario avviare un’attività di analisi dei nomenclatori al fine di valutarne modifiche e integrazioni finalizzate all’inserimento di prestazioni specificatamente legate al Sars-CoV2; si è trattato per lo più di misure ex post finalizzate all’assistenza dei soggetti colpiti dal virus e volte ad intervenire sulle necessità impellenti e sulle eventuali conseguenze che lo stesso avrebbe potuto lasciare nel lungo periodo. Tra queste le principali hanno riguardato l’assistenza economica (diaria) verso i soggetti positivi al virus, o più spesso ricoverati a causa del virus e misure rimborsuali per supportare la ripresa psicofisica dei lavoratori: contributi per visite pneumologiche, cicli di fisioterapia toracica, iniziative di supporto psicoterapico nonché, in caso di decorso negativo della malattia, rimborsi per eventuali servizi funerari. In rari casi i Fondi sanitari hanno previsto anche una rimodulazione del perimetro di risarcimento attraverso una revisione a favore dell’iscritto di franchigie, massimali o scoperti, incrementando, di fatto, il proprio impegno economico.

Gli Enti di sanità integrativa hanno quindi offerto supporto al sistema svolgendo una importantissima funzione di ammortizzatore sociale e affiancando gli iscritti nelle difficoltà legate agli effetti diretti e indiretti dell’infezione, ivi compresi l’obbligo di isolamento per molti sperimentato per la prima volta durante questa pandemia.

In un periodo successivo e contestuale alla diffusione in ambito privato di questi strumenti i Fondi sanitari hanno iniziato a ragionare su servizi e prestazioni orientati alla “prevenzione” sia primaria (informativa) che secondaria; tra questi l’avvio di campagne informative sintoniche e analoghe a quelle avviate dal SSN, la copertura delle spese per l’effettuazione di tamponi molecolari e antigenici per la rilevazione dell’eventuale positività al virus e di test sierologici volti a verificare l’eventuale copertura anticorpale. Nell’ultimo anno, sempre nell’ambito della prevenzione, i Fondi sanitari hanno fornito il loro importante supporto alla campagna di sensibilizzazione del governo finalizzata a promuovere la vaccinazione antinfluenzale, svolgendo di fatto un doppio ruolo di integrazione diretta e indiretta (legata al miglior stato fisico generale e dunque al minor accesso alle cure offerte dal SSN).

La pandemia e le conseguenze derivanti dall’infezione da Sars-CoV2 hanno sottolineato la necessità di sviluppare nuove forme di accesso ai servizi sanitari quali la telemedicina, un approccio profondamente innovativo alla pratica sanitaria, ancora poco sviluppato che permettere l’erogazione dei servizi a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, di internet ed eventualmente di specifici software. Su questo molte riflessioni erano state avviate già prima della pandemia dall’Oms e dall’Unione Europea e sono state oggetto di Linee guida emanate dalla conferenza Stato Regioni. Anche rispetto alla domanda di servizi di telemedicina, i fondi sanitari hanno dimostrato una rilevante flessibilità e, grazie alle numerose offerte diffuse dal mercato assicurativo e dei servizi, hanno prontamente aggiornato i propri piani sanitari con prestazioni di teleconsulto e telemonitoraggio. Ad oggi, gran parte dei fondi sanitari negoziali offre servizi di telemonitoraggio e in alcuni casi sono state attivate delle coperture particolarmente innovative che prevedono la “presa in carico” attraverso sistemi informatici/devices dei pazienti cronici e/o non autosufficienti.

Le misure fin qui mostrate hanno evidenziato la capacità dei Fondi sanitari di rispondere con immediatezza alle necessità sorte con la crisi pandemica e non vi è dubbio che quanto accaduto dovrà avere ripercussioni sull’operatività e la gestione del rischio all’interno degli Enti di sanità integrativa. Lo scarso accesso ai servizi sanitari e la conseguente riduzione del supporto fornito dai Fondi sanitari per la copertura delle prestazioni “classiche” ha permesso a questi ultimi, nonostante le già citate integrazioni ai piani sanitari, di mantenere l’equilibrio gestionale sia in caso di gestione convenzionata (tramite il supporto dei soggetti assicurativi che hanno giovato delle medesime dinamiche) sia in caso di gestione diretta.

La pandemia da Sars-CoV2 ha riportato dunque al centro della riflessione il tema del corretto ed efficace processo di pianificazione dell’attività del fondo sanitario e della strutturazione di un corretto processo di gestione delle risorse a disposizione del fondo.

In particolare il piano sanitario, ovvero il documento di programmazione di tutti gli interventi di assistenza integrativa che l’ente si impegna a offrire a favore degli iscritti, che deve tenere in opportuna considerazione le necessità degli iscritti, le risorse a disposizione, nonché gli ambiti già coperti adeguatamente dal Ssn dovrà essere rivalutato al termine della fase emergenziale al fine di riconsiderare il ruolo che il Fondo sanitario vorrà assumere in situazioni di eccezionalità quali quelle che caratterizzano il sistema dal marzo del 2020.

A fronte di italiani sempre più preoccupati per propria salute e per quella della propria famiglia e del contingente rischio pandemico che eleva il livello di attenzione sul sistema, riaprendo il dibattito sul ruolo della sanità e del privato, continua a crescere il numero dei fondi /prodotti di sanità integrativa, aumentano gli iscritti e le dimensioni del fenomeno in generale. Si può dunque affermare che vi sia stato un atteggiamento proattivo e prudenziale sia delle parti sociali che dei cittadini nella scelta di investire risorse sulla sanità integrativa dando seguito ad un chiaro progetto politico di integrazione sanitaria.

La pandemia ha rappresentato di fatto uno stress test per la sanità integrativa e i risultati ottenuti sono quantitativamente e qualitativamente importanti.

L’auspicio è quello di poter contare in futuro su un sistema di sanità integrativa che sia in grado di rivelarsi decisivo nelle aree più delicate del nostro sistema sanitario nazionale, integrandosi con questo e concorrendo allo sviluppo di innovative politiche sanitarie di prevenzione, assistenza socio-sanitaria e lotta alle nuove fragilità, anche alla luce di un ulteriore sviluppo del settore dei “servizi alla persona”.

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